Il suo nome svela le origini greche, ma è nato e cresciuto a
Salerno. Si chiama Lambros Andreou ed è un giovane salernitano che lavora da
tempo nel mondo del volontariato. In città è conosciuto per il suo attivismo,
l'ultima "battaglia" l'ha combattuta insieme ai ragazzi del comitato "Giù
le mani dal porticciolo". Da gennaio di quest'anno è partito, come fa
spesso del resto, per una missione ben più importante. Destinazione Città del
Guatemala in Guatemala dove lavora come
cooperante per una Ong che si chiama Mojoca (Movimiento jovenes de la calle).
Il ruolo di Lambros è quello dell'educatore per i ragazzi di strada.
«Lavoro
con un gruppo di operatori che aiutano i ragazzi che vivono letteralmente in
strada - spiega pacatamente - senza una fissa dimora, scappati dalle loro
famiglie per causa di maltrattamenti e abusi». La maggior parte scappano
piccolissimi, alcuni anche all'età di cinque anni, e formano con altri bambini
gruppi che spesso sono preda delle gang (o addirittura della polizia) che li
maltratta e abusa sessualmente di loro. La maggior parte dei più piccoli
scompaiono senza tracce, venduti o uccisi senza scrupolo. Lambros è un fiume in
piena. Il suo tono pacato ha un retrogusto d'inquietudine che odora di guerra
silenziosa. La piaga più grave è la tossicodipendenza dal solvente. «Solvente?»
domandiamo inorriditi. «Si solvente industriale - risponde Lambros - quello che
si usa per diluire la vernice. L'altro giorno durante il nostro consueto giro
per le zone più malfamate, anche se è difficile capire dov'è che inizia o
finisce una zona malfamata, ci siamo trovati a "la Terminal". Il nome
è stato dato perché è una delle zone dove i giovanissimi consumano di più.
Abbiamo visto un ragazzino di 13 anni che si chiama Gerson, già noto a noi del centro, che non riusciva neanche a camminare (il solvente ti buca le ossa) e si trascinava fino al semaforo per chiedere spiccioli. Aveva le mani e il volto bruciato dalle inalazioni. Abbiamo cercato di portarlo con noi ma non c'è stato nulla da fare, voleva solo farsi». Lambros si ferma, esita un attimo, segno che non ci si abitua mai anche se sono scene che si vivono quotidianamente. Guai a chiamarlo eroe, Andreou è cresciuto nelle strade di Pastena e ha scelto questo lavoro per vocazione.
«Più che stomaco qui ci vuole cuore. All'inizio ero incuriosito dall'opportunità di lavorare in "miezz a' via" in un posto lontano. Poi ho capito che questo lavoro ti porta oltre. In qualche modo sono i bambini e i giovani che ti danno più di quello che tu dai a loro. Ti insegnano a guardare il mondo con occhi diversi. La maggior parte non ha finito neanche la scuola elementare, ma hanno delle capacità di apprendimento al di sopra di ogni previsione». Lambros e il gruppo di operatori combattono violenze e tossicodipendenza con il teatro, il rap, la produzione di quaderni, con la creazione di piccole opere d'arte in carta, accessori e oggetti per la casa, tutto rigorosamente con materiali riciclati». Giovani come Mefi, Nataly, Graziela, Hector e Jacky quando si siedono in cerchio e ridono regalano emozioni forti. Poi c'è Byron, in recupero dopo una sparatoria dov'è rimasto ferito a una gamba. «Mi ricordo - racconta Lambros - quando abbiamo finito il cd rap e Byron fissando il cd tra le sue mani, lo guardava come per dire, per la prima volta ho fatto una cosa bella e che mi piace, era per lui la conferma del valore che porta dentro e sono sicuro che quel pezzo di plastica rotondo ha rigenerato la sua vita e l'ha cambiata in meglio». Così da quel giorno il moto del centro è diventato "Talentos de la calle".
pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno il 24. 02. 2014
Nessun commento:
Posta un commento