mercoledì 30 aprile 2014

DA CAMPO DI VOLO AD AEROPORTO

L’Aeroporto di Salerno e Costa D’Amalfi compie oggi un anno senza voli di linea. Il 5 ottobre 2012, la compagnia  aerea Sky Bridge AirOps che effettuava collegamenti con l’aeroporto di Milano Malpensa cancellava tutti i voli in programmazione. Motivo? La prestigiosa compagnia pretendeva dalla società consortile, che gestisce l’aeroporto, in anticipo i soldi dell’intero servizio di voli fino alla fine di ottobre 2013. Disaggi? Nessuno. I collegamenti non prevedevano passeggeri a bordo. Sul sito ufficiale appariva il seguente triste annuncio, «Si avvisa la gentile utenza che la compagnia aerea Skybridge AirOps ha sospeso l’operatività dei collegamenti con Milano Malpensa, a partire dal giorno 5 ottobre. La società di gestione Aeroporto di Salerno sta operando la riprogrammazione delle attività per la Winter 2012/2013. A breve sarà pubblicato il relativo programma operativo voli». Ma esiste la gentile utenza alla quale era rivolto l’annuncio? Perché sul sito, la dicitura “Disponibilità a breve” nella sezione orari dei voli è fissa da un anno? Se non ci sono voli di linea a cosa serve un aeroporto? E infine di cosa si occupano tutti gli addetti ai lavori nello scalo aeroportuale in mezzo alla campagna? La strada che porta al Salerno Costa D’Amalfi, subito dopo l’uscita dalla tangenziale di Salerno, è l’Aversana. Una  strada provinciale che porta in seno l’orgoglio dell’amministrazione Cirielli, iniziata da quest’ultimo e terminata dal suo vice Antonio Iannone. Passeggiare tra strade rurali dove si incontra gente semplice che lavora dall’alba al tramonto rende più significativo il breve tragitto. L’autunno è la stagione dei colori, tra un appezzamento di terra già lavorato e uno ancora in attesa, solo il rumore di un minuscolo ultraleggero all’orizzonte  distoglie lo sguardo dalle armonie del lavoro onesto e ci fa rendere conto che siamo in prossimità dello scalo. La stretta via Pepe, ha sull’asfalto tracce fresche di mezzi agricoli.
Il terminal ap
pare in fondo alla discesa. La scritta blu è marcata dal giallo limone della parte più bassa del terminal. Nel parcheggio antistante, sono una quindicina le macchine parcheggiate. In pista quattro jet privati, taxi del cielo che portano avanti e indietro i pochi visitatori fortunati. Entrare all’interno del terminal  fa rimpiangere il paesaggio rurale. Nella sala deserta è tutto nuovo. Dietro al banco dei chek-in le sedie sono rivestite ancora con la plastica di fabbrica. Una guardia giurata, addetto alla sicurezza, si consola dalla solitudine con il cellulare in mano. Sta lì in fondo, quasi di nascosto. 
Anche la ragazza del bar sta con la testa bassa. Viaggiano entrambi nel mondo virtuale dato che attorno non c’è anima viva. Lavora fino alle cinque del pomeriggio, sola, senza turni. Durante tutta la giornata non fa più di una ventina di caffè. Appena fuori dal bar si nota la porta chiusa della biglietteria che non viene adoperata da un bel pò. Lo stesso vale per l’ufficio affianco che offre servizio di autonoleggio.  Nel frattempo un'altra guardia giurata viene incontro. Vengo accompagnato nell’ufficio del direttore Giovanni Basso. All’interno c’è anche il presidente Carmine Maiese.
Dalle loro dichiarazioni emerge che l’aeroporto di Salerno dal primo gennaio  2013 fino ad oggi ha avuto 5439 movimenti in pista. Presso lo scalo salernitano sono transitati circa 2700 aerei privati e il numero dei passeggeri è  circa 2800. In giornata sono atterrati 5 voli con 10 passeggeri a bordo. A dare loro il benvenuto e giusta dose di sicurezza 6 unita antincendio che fungono anche da personale di assistenza a terra, tre addetti alla sicurezza, un addetto scalo e sei componenti del personale amministrativo. La disponibilità del personale naturalmente dipende dal flusso dei voli. In totale il personale è composto da 18 vigili del fuoco, nove addetti alla sicurezza e dieci impiegati in amministrazione.
I ricavi annuali sono pari a 400 mila euro. Il buco nel bilancio 2012 è di 2,8 milioni di euro  e i soldi pubblici spesi, toccano quota 35 milioni. L’interessamento concreto e l’offerta della multinazionale argentina che verrà valutato nei giorni a seguire è un “cappio” al collo. Secondo il progetto stillato dal consorzio servono ancora 86 milioni di euro per adattare la pista e le varie arie che caratterizzano uno scalo completo.
La concessione è data per vent’anni e il passaggio verrebbe tramite l’acquisizione delle azioni per la modica somma di 640 mila euro. Corporacion America in totale dovrebbe investire quasi 90 milioni di euro.








pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno il 05.10.2013

martedì 29 aprile 2014

Nell'Europa di Kaputt vivere è solo una questione di Pelle


Io sono nato e cresciuto in un mondo di guerra. Non è la mia guerra. La guerra è di tutti e di nessuno. Sono cresciuto nell'Albania post comunista e nel 1997 (l'esodo di ventimila albanesi con la nave dolce fu una conseguenza diretta) ho assistito alla guerra civile nel mio paese. Nel 2001 sono venuto in Italia per studiare: fu un premio alla mia sensibilità verso la letteratura supportato dagli enormi sacrifici dei miei genitori. Oggi continuo a vivere in un mondo di guerra, ma non ne risento. Vivo protetto in occidente. Oggi la guerra la vedo nei film, durante i notiziari, le dirette televisive e in rete. Con effetti speciali, luci folgoranti, riprese a campo largo su distese infuocate, canali all news che portano notizie sempre fresche con numeri precisi dei morti, giornalisti sul posto in primo piano con esplosioni alle spalle, blogger di controinformazione, video inediti, massacri che non tutti possono guardare. Passiamo il tempo a guardare la guerra. Senza capirci niente. Perché queste immagini in sé non vogliono dire niente. A volte mi fermo e mi domando a cosa serve la letteratura in questo nuovo secolo. Può sembrare stupido. L'arte è inutile. Ogni volta che ha preteso il contrario è diventata nulla (Surrealismo, Dada, Postmoderno, New epic italian style, Strutturalismo). Pittura politica, teatro d'intrattenimento, archistar, dizionari elettronici... Poco male dopo tutto corriamo il rischio di una letteratura in pericolo. Un romanzo deve dire quello che le immagini non mostrano. Malaparte racconta questo. La guerra che non si narra. Racconta della peste sulla sua Pelle. Lo fa da inviato e da uomo di strada. Kaputt e La Pelle sono due romanzi che raccontano con verità verosimili (e per questo inconfutabili) la seconda guerra mondiale.
Già, dopo la guerra mondiale, le guerre non sono mai state più le stesse. Vogliamo o no è stata l'alba della società contemporanea. Una società che invece di umanizzare la guerra attraverso la grande letteratura, la banalizza con l'osservazione. Il tratto distintivo di tale dinamica è l'enorme flusso di informazione e di immagini in circolazione. A volte sembra un lavaggio del cervello. Abbiamo superato di gran lunga ogni previsione di straniamento solo per sentirci al sicuro. Se veramente la letteratura può fare qualcosa è proprio squarciare il velo. Graffiare il potere. Soprattutto se poi a farlo è un uomo libero. Ecco perché va letto Malaparte.